Problemi psicologici risolti da uno studio urologico

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 24 settembre 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il problema che qui affrontiamo ha radici nella diffusione, anche attraverso varie forme di comunicazione, di erronee convinzioni originate da sottocultura in materia sessuale[1].

Fino agli anni Sessanta del Novecento, nel mondo occidentale e in una parte di quello orientale, vi era un atteggiamento prevalente di esclusione della sfera sessuale dalla comunicazione sociale e, in gran parte, dalla coscienza collettiva. La materia era considerata sconveniente, volgare, peccaminosa e indecente anche nella vita privata, al punto che solo poche famiglie impartivano un’educazione sessuale ai propri figli. La rivolta giovanile contro le convenzioni che favorivano il mantenimento di un tale stile prese, in Europa e in America, la forma della “rivoluzione sessuale”, che proclamava l’amore libero, inteso come libertà di accoppiamento fra consenzienti per puro fine di piacere e rifiuto delle responsabilità.

La rimozione dei tabù di conoscenza circa la sfera sessuale, invece di costituire un’apertura verso la cultura scientifica, causò la tendenza alla diffusione di massa di pubblicazioni, spesso tradotte o mal tradotte dall’inglese, redatte secondo il modello politico della “controinformazione” e contenenti trattazioni, spiegazioni e illustrazioni ricche di errori su morfologia e fisiologia genitale, e soprattutto propagatori di miti provenienti dalla sottocultura del sex business e dal materiale di propaganda delle imprese di sfruttamento del corpo femminile attraverso spettacoli e prostituzione.

In quegli opuscoli, così come nei siti web che ne sono gli eredi attuali, i genitali esterni femminili, ossia la vulva, è invariabilmente definita “vagina”, confondendola con il canale muscolo-membranoso che collega l’utero ai genitali esterni; la possibilità di evocare l’orgasmo per sollecitazione intravaginale è proposta come la questione capitale di identificare il proprio “Punto G”; le pratiche sessuali per la ricerca del piacere erotico al di fuori dell’accoppiamento fisiologico – anche le più stravaganti – sono presentate come routine normale, universale e necessaria.

Se negli anni Ottanta, quando l’individualismo non aveva ancora raggiunto i risultati attuali e si conservava un’ideologia popolare di coppia (già distinta e distante da quella matrimoniale, beninteso!) si era affermato il mito dell’orgasmo simultaneo durante l’amplesso, negli anni recenti la pressione globale delle aziende produttrici di sex toys elettronici ha consacrato il mezzo aureo della masturbazione quale primo e principale modo di “vivere, conoscere e praticare” la propria sessualità. Tale approdo pone implicitamente un partner in competizione con i prodotti industriali per la “felicità sessuale” e ha creato nuovi standard di soddisfazione erotica, basati sui risultati di tecniche sempre più sofisticate.

La sottocultura entro cui in tutto il mondo si stanno diffondendo i nuovi modi di vivere l’esperienza sessuale, continua a creare “miti” privi di fondamento scientifico ma in grado di condizionare psicologicamente le persone, causando problemi che vanno ben oltre l’ansia da prestazione, invadendo aree psichiche in rapporto con l’identità e l’equilibrio psicoadattativo di fondo.

Un nuovo mito si è andato affermando, quando la dichiarazione di alcune donne di essere in grado di espellere con l’orgasmo un getto potente e abbondante di fluidi dai genitali, è stata assunta come prova di femminilità e salute sessuale dall’industria che sfrutta la sessualità. Tali aziende hanno prodotto migliaia di video e decine di film in cui pornostar e ragazze aspiranti a quel ruolo si esibiscono in emissioni a getto, al culmine di stimolazioni manuali o strumentali. In America e in Asia, soprattutto, ma diffusamente in giro per il mondo e anche nel nostro paese, questo fenomeno denominato squirting è diventato il nuovo mito della sessualità femminile, in grado di preoccupare e condizionare molte donne.

Non è più raro che ai nostri ambulatori di psichiatria e sessuologia giungano ragazze, ma anche donne non più giovani, preoccupate di “non avere un orgasmo completo” o di essere affette da qualche malattia che riduce la produzione di fluidi organici, perché non hanno mai avuto uno squirting. La convinzione di queste pazienti è che il getto sia un prodotto di ghiandole annesse all’apparato genitale (ghiandole di Bartolino e ghiandole di Skene) e che l’emissione propulsiva sia un fenomeno simile all’eiaculazione maschile. In genere, non sono tranquillizzate dalla spiegazione medica che le ghiandole annesse producono un secreto lubrificante in quantità limitate e mai emesso a getto, sia perché impossibile per i loro dotti escretori sia perché non esiste una base anatomica per una simile fisiologia, priva di utilità per la funzione riproduttiva.

L’eloquenza delle immagini e la conferma ricevuta da tante donne amiche di essere capaci di squirting vanificano i tentativi di rassicurazione; senza contare che abbiamo non pochi problemi a rispondere alla domanda: “Allora se il liquido non è un secreto che cos’è?”. Infatti, finora la risposta a questo interrogativo non poteva essere data, se non in via ipotetica e presuntiva.

Ora, Miyabi Inoue e colleghi guidati da Motoo Araki, hanno condotto uno studio per determinare il meccanismo dello squirting e definire la natura del fluido espulso.

(Inoue M., et al., Enhanced visualization of female squirting. International Journal of Urology – Epub ahead of print doi: 10.1111/iju.15004, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Miyabi Urogyne Clinic, Okayama (Giappone); Women’s Clinic LUNA, Kanagawa (Giappone); Ninomiya Ladies Clinic, Osaka (Giappone); Okayama Central Hospital, Okayama (Giappone); Department of Urology, Okayama Graduate School of Medicine, Dentistry and Pharmaceutical Sciences, Okayama (Giappone).

Prendiamo le mosse dall’attuale definizione di squirting: L’espulsione involontaria di fluido dall’uretra femminile a seguito della stimolazione della parete vaginale anteriore prima o durante l’orgasmo.

Lo studio è stato condotto su un campione di 5 donne che hanno abitualmente squirting, nessuna delle quali è prostituta né svolge attività remunerate in cui usa lo squirting, e sono state così ripartite per età: 2 nella fascia dei 30 anni, 2 in quella dei 40 e una sola cinquantenne. 3 delle donne raggiungevano l’emissione solo attraverso la masturbazione manuale e due mediante stimolazione sessuale con penetrazione nella vagina. Per l’osservazione sperimentale, prima di dare inizio alla stimolazione dei genitali, è stato inserito attraverso l’uretra un catetere vescicale, e la vescica è stata svuotata; poi è stata iniettata nella vescica una miscela costituita da 10 ml di indigo carmine e 40 ml di soluzione salina.

Ricordiamo che questo colorante di comune uso urologico è un sale organico derivato dall’indaco (indigo) per sulfonazione aromatica, che lo rende solubile in acqua come sale sodico 5,5’-indigodisulfonico, già noto come colorante alimentare blu, codificato E132 e venduto col nome commerciale di Bludigo. Questo sale organico colorato è anche ritenuto un buon indicatore di pH: sotto il valore di 11.4 (e a maggior ragione per i valori acidi dell’urina) appare di colore blu/indaco, mentre per valori uguali o superiori a 13 vira a un bel giallo intenso. Impiegato in procedure chirurgiche urologiche e ginecologiche endoscopiche, robotiche e ordinarie, è stato approvato negli USA per uso medico-diagnostico solo a luglio di quest’anno.

Dopo l’iniezione vescicale del colorante via catetere, ha avuto inizio la stimolazione sessuale concordata con le volontarie, poi protratta fino all’orgasmo, mentre tutto l’esperimento era videoregistrato e sottoposto a verifica.

L’emissione a getto in corrispondenza della fase di orgasmo è stata raccolta in recipienti sterili, ed è stato poi rilevato il livello di antigene PSA e di glucosio.

Il fluido scaricato dall’uretra di tutte le donne era di colore blu, dovuto all’indaco, a conferma della sua provenienza vescicale; in 4 su 5 è risultato positivo il PSA.

L’esperimento prova senza alcun dubbio che nello squirting viene emessa urina, anche se può contenere tracce del secreto delle ghiandole di Skene, come dimostra il PSA positivo.

Lo studio di Miyabi Inoue e colleghi stabilisce con certezza, e per la prima volta con documentazione video, la natura urinaria dell’emissione, chiarendo così che il fenomeno deve considerarsi effetto di un’alterazione della normale funzione di eccitazione sessuale orgasmica, perché in condizioni fisiologiche lo stato eccitato dei genitali si accompagna a inibizione della funzione escretiva urinaria.

Questo studio consente di rassicurare le pazienti preoccupate di non avere lo squirting – che a loro è stato presentato e spacciato per indice di “efficienza sessuale” – spiegando loro che, al contrario, si tratta della conseguenza di una forzatura della funzione orgasmica che, per un eccesso di stimolazione innaturale, causa la perdita del normale controllo dello sfintere urinario.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-24 settembre 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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